Friday 1 May 2015

Keynesiani e liberisti

È ovvio che i keynesiani trovino materiale per attaccare i liberisti e viceversa. Entrambi sono disperati tentativi teorici e pratici di limitare gli squilibri del capitalismo, che è un sistema inemendabilmente squilibrato. Le due scuole hanno torto entrambe; in certi momenti appaiono più evidenti i torti degli uni, in altri quelli degli altri.
Dato che l'era da Thatcher (iron lady R.I.P. rust in peace) e Reagan in poi è l'era della libera circolazione dei capitali e dell'attacco alla funzione economica dello stato (cfr. in Italia la separazione Tesoro Banca d'Italia) consegue che i keynesiani oggi hanno buon gioco a sbeffeggiare (le idee de)i liberisti, i quali o tacciono o dicono cazzate, mostrando di non temere il ridicolo (ad esempio indicando le idee di Lord Keynes come responsabili delle bolle causate da immissione di liquidità nel circuito finanziario). In questo momento essere keynesiani consente di mentire di meno; ecco perché essi sono molto più simpatici, a prima vista. D'altra parte pensare che lo Stato possa agire razionalmente in profondità nell'economia è un'idea assurda, figlia dell'ignoranza del materialismo storico (ignoranza già propria dell'elegante Lord). Non che i keynesiani non sappiano recitare qualche paginetta del capitolo su Marx del loro manuale liceale, ma capire la filosofia sta su un altro pianeta. Ne dovrebbero mangiare di krauti di Treviri... Poi, certo, qualcuno di loro sa anche la verità, ma essendo piuttosto evidente che oggi il marxismo politicamente non ha alcunché da offrire, il tentativo è quello di aspirare al male minore. Non è escluso, in effetti, che qualche deciso intervento dello stato potrebbe lenire la miseria di qualcuno e limitare gli squilibri più schifosi, ma fino a quando si resterà in un sistema di rapporti sociali che imbrigliano la produzione, sottomettendola alle aspettative di profitto (nel corso di una tendenza pluridecennale alla caduta del saggio di profitto), le speranze di un vero riscatto per la specie ingiustamente autoproclamatasi sapiens sono inesistenti. E poiché i rapporti di produzione non cambiano da soli, ce li terremo di sicuro per molti decenni ancora.

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