Potrebbe sembrare inutile; chi mai si dice empirista, oggi? Eppure quando si parla di politica, anche i più grandi maestri del pensiero contemporaneo incorrono in ingenuità stupefacenti. Cito i nomi di Richard Dawkins, Steven Pinker ed Edoardo Boncinelli, che sono tra i più lucidi pensatori viventi (sono autori la lettura dei quali chiarisce, a volte in poche righe, problemi che ci hanno attanagliato per decenni, solo perché cercavamo le risposte in posti sbagliati - religioni, intuizioni slegate, letteratura, filosofia non evoluzionista, psicologia non evoluzionista). E però, questi maestri, quando parlano di società, di neutralità della scienza e di rapporti tra classi (anche se non le chiamano così) mostrano un'incredibile involontaria attitudine da bar.
Il motivo di ciò è ovvio: disquisiscono al di fuori di un quadro di riferimento teorico; ora: ne esiste uno solo e si chiama materialismo storico; esso deve purtroppo essere, per ora e per i prossimi decenni, (gnoseologicamente) non meccanicista, quindi terribilmente imperfetto, ma va usato; chi sta fuori, in politica, non va assolutamente da nessuna parte, nemmeno se è capace di chiarire tutto quanto il resto concernente la natura e l'uomo preso come individuo o preso nelle sue relazioni nei piccoli gruppi.
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