Tuesday, 28 December 2010

L'amour


Perché ci tormenta certo sentimento.

Nella spiegazione che segue ci sono passaggi sottili che alcuni si ostinano a non capire, anche quando sono spiegati bene, cosa che peraltro non posso fare qui (ci vorrebbero molte pagine). Altra avvertenza molto, molto ovvia: non tutte le persone hanno sinapsi configurate in modo analogo nelle zone interessate al problema di cui qui si tratta.

Premessa 1: come le piante e gli altri animali siamo macchine progettate per favorire la duplicazione del nostro DNA; questa è la teoria neodarwiniana di Richard Dawkins; inconfutata; chi pensa o dice di averne una migliore o non ha capito la teoria di Dawkins o semplicemente fa finta allo scopo di compiacere certo target spiritualista (o intellettuale, che è pure peggio, se possibile).

Premessa 2: la nostra psicologia è plasmata sulla base della premessa numero 1, anche se la plasticità cerebrale consente aggiustamenti culturali.

Premessa 3: molte delle motivazioni dei nostri desideri rimangono totalmente al di fuori della nostra consapevolezza di individui (non di quella di scienziati); quindi dobbiamo accettare che la psicologia ci dica cose alle quali noi non possiamo reagire dicendo: “Già! È vero; è proprio così”; questa reazione la possiamo avere solo razionalmente, constatando l’adeguatezza esplicativa della teoria nei riguardi dei comportamenti oggettivamente riscontrabili.

Premessa 4: proprio la grande plasticità cerebrale della nostra ipertrofica neocorteccia (collegata alla nostra totale incapacità di badare a noi stessi per lunghi anni dopo la nascita) richiede periodi educativi pluriennali.

Premessa 5: il linguaggio finalistico utilizzato dall'evoluzionismo (per esempio: "il batterio si modifica per sfuggire agli antibiotici che lo possono neutralizzare") è una metafora; è un linguaggio "come se" (rimando a qualunque testo serio di evoluzionismo).

L’amore è una conseguenza del tentativo dell'evoluzione, parzialmente non riuscito, di ottimizzare le cure parentali in una specie che ne richiede di lunghe e accurate. Il tentativo è parzialmente non riuscito soprattutto dal punto di vista delle differenze uomo-donna e delle sfasature nei tempi di disamoramento (riguardo alla sopravvivenza del meno non adatto cfr. qui). L’innamoramento è una sorta di prezzo reciproco: l’uomo, essendo amato, ci guadagna l’aumento delle sue speranze che il figlio sia suo, la donna, essendo amata, affievolisce la bestiale tendenza maschile alla diffusione del seme su scala industriale; il prezzo che si paga per essere amati è amare. La monogamia risulterebbe quindi una buona soluzione evolutiva; ma la natura non è riuscita a completare l’opera, per cui viviamo nella monogamia imperfetta (tendenzialmente sequenziale), nella quale l’amore dura più o meno il tempo utile per allevare un figlio nei primi, più difficili, anni subito dopo la nascita. Poi, per quello che interessa alla natura, ci si può disamorare. Ignorando i problemi causati a questo proposito dalle norme sociali delle svariate culture, il problema principale qui è che il disamoramento è difficilmente sincronizzato. Inoltre la situazione dell’amore reciproco, in cui le differenze maschio-femmina sono molto sfumate, è una situazione che si raggiunge con difficoltà, superando ostacoli di varia natura; nei diversificati percorsi verso la ricerca dei partner succede che la natura più specificamente maschile (“spargi il seme”) e quella femminile (“scegli il miglior compagno possibile”) siano in flagrante contrasto.

La spiegazione del perché anche i maschi si innamorino e non si accontentino appunto di spargere il seme è duplice, ma i due punti sono strettamente collegati: 1) le donne preistoriche tendevano a non gradire gli spargitori di seme incapaci di innamorarsi, soprattutto perché i loro figli avevano meno possibilità di sopravvivere nelle difficili savane, data l’assenza di padri; 2) i figli di spargitori di seme incapaci di innamorarsi avevano veramente poche possibilità di sopravvivere. Di conseguenza il DNA dell’uomo che sapeva innamorarsi ha avuto successo (semplicemente perché chi ne era dotato lo trasmetteva ai figli che, a differenza dei figli di spargitori di seme, sopravvivevano almeno fino all’età riproduttiva).

La maggior parte delle numerose obiezioni che vengono in mente leggendo questa sintesi troppo sintetica trovano normalmente risposte all’interno del quadro teorico della psicologia evoluzionistica.

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